“L’ideologia Gender esiste veramente?”. È partito da questa domanda l'incontro formativo, condotto dalla Dott.ssa Chiara Pau, psicologa-psicoterapeuta, tenutosi mercoledì pomeriggio presso la Biblioteca comunale.
L'appuntamento, patrocinato dall'assessorato comunale alla Cultura e dal Sistema bibliotecario urbano, è servito ad approfondire un tema piuttosto spinoso attraverso una serie di delucidazioni circa le diverse posizioni che si confrontano nel dibattito attuale.
Posizioni che scaturiscono dalla seguente questione: l'identità di genere, ben distinta dall'identità biologica, è un prodotto della natura o della cultura? «Per chi sostiene che le uniche differenze tra uomo e donna siano da ricercare soltanto negli organi genitali e nelle differenze somatiche – ha spiegato Pau – l'identità di genere è un prodotto della cultura. Questi teorici sostengono che se noi cresciamo in egual modo noi saremo identici, ma è difficile crederlo».
A tal proposito sono stati elencati alcuni esempi legati all'intervento umano, come le pratiche per superare il mancinismo «in quanto la mano sinistra era considerata la mano del diavolo». Per la relatrice «far si che un individuo scriva con la mano destra è contro natura e arreca dei danni, un mancino potrà imparare a scrivere con la mano destra ma tutto il resto lo farà con la sinistra in quanto i mancini hanno gli emisferi cerebrali invertiti. È quindi vero che la cultura può influenzare la natura, ma sono scelte che si pagano e la natura vince comunque».
Esposti anche i risultati delle ricerche di Richard Lippa, Professore di Psychologia alla California State University, Trond Diseth della Oslo University Hospital, di Simon Baron-Cohen del Cambridge Trinity College e di Anna Campbell.
Sebbene contestate da chi sostiene determinante l'ambiente circostante nello sviluppo dell'identità di genere, queste ricerche hanno prodotto diversi risultati circa le conseguenze di una maggiore o minore presenza di testosterone nell'utero e gli adattamenti cerebrali nell'uomo e nella donna a causa dei diversi ruoli assunti nel corso della storia.
Soffermandosi su questi ultimi la dr.ssa Pau ha affrontato il tema della violenza sessuale di genere: «quando leggiamo le cronache sui casi di femminicidio, vediamo che mancano sempre le fasi propedeutiche. Come si è arrivati al femminicidio? Qual'era la situazione della donna nell'ambito familiare? Parliamo quindi anche della violenza psicologica all'interno di un rapporto di coppia. Lottare contro il femminicidio significa affrontare le cause strutturali delle diseguaglianze per la piena realizzazione della donna e per la sua autodeterminazione e agire su tre livelli: comunicazione, educazione e formazione. Purtroppo se nelle scuole si presenta un progetto con immagini che raffigurano un uomo che stira, non da tutti è accettato».
Questo aspetto è stato collegato alla necessità della lotta all'omofobia, dell'accettazione delle minoranze («dobbiamo insegnare ai nostri figli ad essere accettanti e non giudicanti»), dell'educazione sessuale nelle scuole.
Quest'ultima «non avviene nel vuoto – ha sostenuto Pau in riferimento alle linee guida adottate a livello europeo - bensì è strettamente interconnessa con l’ambiente degli allievi e con i loro bisogni che variano a seconda del background sociale e culturale. Necessita di una stretta collaborazione con i genitori e con la comunità, al fine di costruire un ambiente circostante che sia di sostegno, ed è basata sulla sensibilità al genere per garantire che bisogni e problemi diversi legati alle differenze di genere trovino risposte adeguate».

